Sono stato a casa una settimana e rieccomi a Padova. La scorsa settimana ho deciso di farmi ricoverare nuovamente: il dolore ai piedi, soprattutto al sinistro, è così forte che oggi ho accettato di farmi somministrare degli potenti antidolorifici. Non avrei voluto, ma alla doimanda: “A che ti serve soffrire così?” ho capito che forse non ha senso sopportare il dolore se c’è una via d’uscita. Non così a lungo, almeno. Oltretutto è un dolore che mi rende nervoso, non mi lascia dormire e mi costringe a stare a letto….. Realizzo ora, piano piano, l’entità di quanto mi è successo e cerco di rasseganrmi al fatto che ci vorrà tempo e pazienza. Qui, al Policlinico di Padova, sono tutti molto gentili e disponibili con me e ci sono molti amici che vengono a trovarmi, mi coccolano e mi telefonano e questo fa scorrerere il tempo un pò più rapidamente. Grazie al mio computer riesco a rimanere in contatto con il mondo, ma… ma voi immaginerete quanto mi manca la mia valle, le mie montagne…. Ieri, ad un’amica che veniva a trovarmi, ho chiesto di prendermi un blocco a righe: voglio annotare i miei pensieri, trascrivere i ricordi, anche i miei sogni, le sensazioni che a volte emergono dalla mia coscienza e per le quali riesco a trovare le giuste parole per descriverne intensità, forza…. E poi ci sono le vostre mail che sono tantissime e mi ci vorrà un pò per leggerle tutte! Mi aiutano a far trascorrere il tempo, a sentire che non sono solo: mi ha colpito l’umanità che esprimono, l’affetto di persone che, in gran parte, non mi conoscono direttamente e di molte altre che hanno scoperto la mia esistenza dai TG di quelle giornate ma che malgrado, ignorassero tutto di me, hanno voluto essermi vicini. Rifletto in questi istanti sul potere della comunicazione, la forza delle parole e di quanta attenzione si debba avere nell’usarle. Basta un nulla perché siano travisate, per suscitare grandi entusiasmi o, al contrario, feroci condanne. E’ onestamente spaventoso pensare a come, soprattutto la Tv possa improvvisamente “farti esistere” e richiamare l’attenzione di persone che stanno a centinaia di chilometri da te e che improvvisamnete decidono di scriverti e raccontarti tutta la loro solidarietà, dimostrarti il loro appoggio e incoraggiamento. Vi sembreranno parole banali ma vi assicuro che fa un certo effetto leggere di quanto sia stato profondo il coinvolgimento di persone che nulla sapevano di me sino al 1° agosto. Ne sono toccato e al tempo impressionato: mi rendo conto sempre più di quanta responsabilità ho quando scrivo, quando parlo. Non è facile raccontare e, soprattutto in certe situazioni, le parole possono essere travisate, usate. E al mio rientro dal K2 ho temuto che anche le mie potessero essere male interpretate. A questo proposito, vorrei citare la frase, riportata ieri su un quotidiano, pronunciata da uno dei superstiti dell’incidente accorso l’altro ieri sul Monte BIanco: “…non c’è nulla da imputare a nessuno. I seracchi cadono quando vogliono e con qualsiasi tempo, senza preavviso. E’ la montagna che è fatta così”. Mai cosa più semplice è stata detta in modo migliore….. A presto Marco
martedì 26 agosto 2008
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