Due anni di squalifica e carriera conclusa con disonore per il campione transalpino Patrick Blanc. A tre mesi dallo scandalo doping che ha investito la Patrouille du Glaciers, è stato quindi ufficializzato ciò che nell’ambiente dello ski alp si sapeva da tempo; l’atleta incriminato per uso di Epo è il nazionale francese più quotato e temuto a livello mondiale. Una bella botta, dunque, per i cugini d’oltralpe e per tutto il movimento. Ciò che in altre discipline come il ciclismo è all’ordine del giorno, in questo sport ha creato un precedente di cui si poteva davvero fare a meno. «E' solo un problema suo, lo scialpinismo è pulito – ha commentato secco Adriano Greco -. Prova ne è che questo sarebbe il primo caso dopo tanti anni di controlli. Se uno sbaglia è giusto prendere provvedimenti, ma i nostri problemi sono altri: non trovo giusto, oggi, spendere troppo tempo, forze e denari a parlare di antidoping, quando la priorità è far crescere la disciplina». Sulla stessa linea anche il su partner di mille battaglie Fabio Meraldi: «Blanc ha sbagliato ed è giusto che paghi scontando la squalifica che gli è stata inflitta e vanificando ciò che di buono aveva fatto in tutti questi anni. Non è giusto però che il suo gesto scellerato infanghi uno sport fatto di sani principi; uno sport a stretto contatto con la natura che ripropone la filosofia di chi ama e vive quotidianamente al montagna». Una visione molto più concreta ce l’ha invece fornita il campionissimo di Cepina Guido Giacomelli: «Alla luce di quanto è successo non me la sento di dire che il nostro è uno sport assolutamente “pulito” e difendere questa mia idea a spada tratta. Mi piacerebbe pensarlo, ma onde evitare delusioni è molto meglio stare in guardia. Invece di nascondere la testa sotto la sabbia, bisogna fare prevenzione educando i giovani e intensificando ulteriormente i controlli. Con test incrociati sangue urine tutti i furbetti di turno avrebbero ben poche chance di farla franca». Linea dura, quindi, per stroncare sul nascere ciò che in altre discipline è divenuta ormai una vera e propria piaga: «Lo ski-alp è uno sport relativamente giovane in costante crescita – ha continuato Giacomelli -. Ogni anno si abbattono record e se ne stabiliscono di nuovi. I motivi sono molteplici: ci si allena in maniera sempre più intensa e specifica. I materiali migliorano e il numero dei praticanti è in cosante aumento. Fare maggiori controlli servirà a fugare qualsiasi dubbio di dolo e a dare maggiore credibilità alle nostre performance». Anche Ivan Murada ha voluto dire la sua su questa delicata quanto spinosa vicenda: «Già, gli sportivi della domenica vedono chi vince e le sue prestazioni cronometriche con diffidenza; questi casi non fanno che gettare ulteriore benzina sul fuoco. Il rimedio? Difficile dirlo, il fatto che sia stato accertato un caso di doping, vuol dire che il problema esiste. Bisogna allora intensificare i controlli, ma nel contempo non fare di tutta l’erba un fascio».
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